Guida: Com'è fatto un piano cottura a induzioneCita da Tyco su 5 Giugno 2015, 00:27
Com’è fatto un piano cottura a induzione
Guida realizzata dall’utente: Tyco
Data prima pubblicazione 05 Giugno 2015
Ultima
revisione: 23 Febbraio 2017
_______________________________________________________________________________________________________________________________
_______________________________________________________________________________________________________________________________
5/2015: In questo
periodo ho
fatto un
po’ di
ricerche su
internet sui
guasti che
colpiscono i
piani a
induzione e
dopo 4
anni e
mezzo mi
sono deciso
a smontare
il mio
piano cottura,
per vedere
con che
tipo di
componenti è
fatto e
per vedere
in che
stato si
trova. Con
sorpresa non
ho trovato
tracce di
riscaldamento sulle
schede elettroniche,
nonostante il
calore che
si accumula
all’interno durante
cotture intensive
e prolungate.
Solo i
materiali isolanti
posti a
protezione delle
bobine mostrano
inevitabili segni
di riscaldamento.
Apparentemente l’interno
sembra ancora
nuovo.
Il modello
in questione
è un
AEG 68001
K-MN del
2009, ma
dove non
specificato, quanto
scritto qui
vale per
i modelli
attuali dei
2 maggiori
gruppi di
costruttori tedeschi
(AEG/Electrolux e
Bosch/Siemens/Neff), che
come costruzione
risultano sostanzialmente
quasi identici.
I principi
di funzionamento
relativi agli
inverter e
alle bobine
valgono invece
per tutti
i produttori
in generale.
Le piccole
piastre economiche
portatili che
si trovano
in commercio,
differiscono invece
in diversi
punti dai
piani cottura.
I modelli di piani
cottura AEG/Electrolux
e Bosch/Siemens/Neff
introdotti almeno
dal 2009 utilizzano
schede elettroniche
interne della
stessa generazione
di quelle
mostrate qui,
che risultano
più affidabili
della generazione precedente.
Foto:
Le bobine: – Tolta
la cornice
metallica ed
il pannello
di vetroceramica,
al livello
superiore si trovano ovviamente
le bobine
e il
pannello comandi.
Superiormente le
bobine sono
coperte da
un foglio
a base
di “mica”
un materiale
minerale resistente
alle alte
temperature. Il lato superiore del
foglio è ricoperto
da uno
strato riflettente
che ha
la funzione
di respingere
verso il
vetro il
più possibile
il calore
generato dal
fondo della
pentola.
Foto: Piano con vetro rimosso
Sotto questo
foglio riflettente
è presente
uno strato
di materiale
isolante morbido,
dello spessore
di circa
2-3 mm,
che ha
il compito
di isolare
ulteriormente e
limitare la
propagazione di
calore verso
la bobina
e l’interno
del piano
in generale.
Quando si
cucina ad
alta temperatura
con olio
o senza
grassi, il
vetro può
superare i
200°C.
Foto: Foglio superiore isolante rimosso
Foto: Materiale isolante rimosso
Tolto il materiale isolante termico, le bobine sono visibili. In questo modello le bobine sono incollate su un foglio a base di mica, sotto cui sono montate 4 sbarrette rettangolari di ferrite disposte a raggiera. Queste barrette hanno il compito di spingere verso l’alto la parte di campo magnetico che tenderebbe a propagarsi verso il basso, sotto la bobina. Questo serve anche a superare meglio la distanza effettiva che separa la bobina dalla pentola.
Le bobine delle zone da 18 e 21 cm sono fatte con 24 e 26 spire di filo di rame del diametro di circa 3 mm. La zona da 14,5 cm è fatta con 26 spire di filo di circa 2 mm di diametro.
Le bobine hanno un diametro effettivamente coincidente con il diametro nominale delle zone cottura, cosa che non avviene per es. nelle piastre portatili che ho visto.
Come si vede, la bobina della zona da 21 cm. contiene una spaziatura intermedia. Questo serve per favorire una migliore distribuzione del calore lungo la superficie, che altrimenti tenderebbe a concentrarsi troppo lungo il diametro medio della bobina. Questo accade in tutte le bobine in generale, ma nelle bobine più grosse l’effetto è più importante. Potrebbero anche esserci ragioni progettuali per questa soluzione (mantenere un numero simile di spire per tutte le bobine), ma non saprei.
Le bobine sono montate su vaschette di alluminio, che le tengono in posizione premute contro il vetro. Anche il parallelismo fra la superficie della bobina e il fondo della pentola è importante per la distribuzione uniforme del calore sul fondo della pentola.
Al
centro
delle
bobine
è
montato
un
sensore di temperatura (di solito una resistenza PTC o NTC) che viene
usato come
termometro
di
sicurezza,
per
spegnere
il
piano
se
una
pentola
vuota
dovesse
scaldarsi
troppo.
E’
comunque
una
protezione
estrema,
che
scatta
solo
in
caso
di
temperature
raggiunte
molto
alte,
altrimenti
potrebbe
intervenire
durante
cotture
ad
alta
temperatura.
Questo
sensore
viene
usato
su
alcuni
modelli
per
regolare
approssimativamente
la
temperatura
della
pentola,
soprattutto
nelle
piastre
portatili.
Foto:
le
bobine
di
una
zona
flexy
composta
4
sub-zone.
Più sotto nella pagina, vedere la parte relativa alla loro scheda
elettronica. (Bosch
PIP875N17E.
Foto
dal
nostro
utente
forum
Bass79)
– Le schede elettroniche:
I piani di generazione attuale sono composti da solo 3 schede. 2 schede contenenti gli inverter che alimentano le bobine ed il pannello comandi.
Ogni scheda inverter è completamente indipendente dall’altra ed è collegata direttamente alla morsettiera del piano. Non è più presente una scheda di alimentazione comune, com’era nei piani di generazione precedente.
Una scheda inverter è collegata al morsetto della fase L1 e l’altra è collegata alla fase L2. Per i piani cottura
non è comunque importante quali fasi vengano collegate ai morsetti.
Una scheda inverter gestisce i due fornelli della metà sinistra del piano e l’altra i due fornelli della metà di destra.
Il
pannello comandi
è collegato
ad una
sola delle
due schede
inverter, da
cui riceve
anche
l’alimentazione.
La scheda a cui è collegato il pannello comandi ha la funzione di
“master”, mentre l’altra
ha la funzione di “slave”. Un
cavo
“ponte”
fra
le
due
schede
inverter
porta
i
comandi
anche
all’altra
scheda.
Note:
generalmente
tutti
i
piani
a
induzione
con potenza massima di 7,2-7,4kW contengono due schede
inverter,
ognuna
delle
quali
gestisce
una
coppia
di
2
zone
cottura,
di
solito
suddivise
in
coppia di destra
e
sinistra
del
piano.
Ogni scheda inverter è impostata per non superare la
potenza
massima
di 3700W
(16A/230V).
Questo perché normalmente sono pensati per funzionare in impianti
trifase, dove 16A
è il limite consentito su ciascuna fase,
come solitamente è negli impianti
domestici
trifase
in
Europa
(o
almeno
in
Germania).
Per
questo
motivo
non
si può accendere
il
booster
contemporaneamente
su
entrambe
le
zone
di
una
stessa metà
del
piano,
e
non
è
consentito
impostare
il
livello
massimo
contemporaneamente su
una
zona
da
18cm
(da
1800W)
e
una
da
21cm
(da
2200W)
se
queste sono
sulla
stessa
metà
del
piano
(o
in ogni caso se sono
alimentate
dalla
stessa
scheda
inverter,
come
in
molti
piani
a
5
piastre).
Piani
a
induzione
con
una
potenza
totale
superiore
a
7,4KW,
come
quelli
con
6
zone
cottura
per
un
totale
di
10-11kW,
contengono
invece
3
schede
inverter
ed
utilizzano
tutte
le
3
fasi.
I
piani
cottura
elettrici
per
uso
domestico
solitamente
non
superano
questo
limite,
perché
altrimenti
richiederebbero
un
allacciamento
con
più
16Ax3x230V
=
3700W
x3
=
11KW
(per
tutte
le
zone
accese
alla
potenza
max.).
– Gli inverter:
Il
cuore
del
piano
a
induzione
sono
gli
inverter,
i
dispositivi
che
forniscono potenza
alle bobine.
E’
sulle
schede
degli
inverter
che
sono
montati
i
componenti
cruciali
e
più
interessanti,
ma
anche
i
più
soggetti
a
guasti.
L’inverter
trasforma la tensione
di
ingresso
di
230V
50Hz
e
la
trasforma
in
un’altra tensione
alternata, ma con
frequenza,
tensione
e
forma
diversi
dall’originale,
e
variabili
(frequenza
fino
a
40-70KHz,
a
seconda
dei
modelli).
Sul lato
superiore della
scheda sono
visibili i
componenti di
potenza, che
sono quelli
soggetti ad
alte tensioni
e correnti,
e quelli
di dimensioni
maggiori.
Foto: vista generale
Foto: scheda inverter di sinistra
I
componenti
cruciali sono
quelli fissati
sul grosso
dissipatore di
alluminio. Senza
scendere nei
dettagli, il
primo “rettangolo
nero” sulla
sinistra è
un ponte
rettificatore di
diodi, che
fornisce corrente
a tutti e
4 i
transistor
(IGBT) di
potenza, che
alimentano 2
bobine. I
transistor sono
gli altri
4 componenti
neri fissati
sul dissipatore.
Occorrono
2
transistor
per
formare
un’onda
intera,
così
ogni
coppia
di
2
transistor
alimenta
una
bobina.
Soprattutto nei
piani che
sono montati
in mobili con scarsa
circolazione d’aria, i
transistor di
potenza e
alcuni condensatori elettrolitici sono
maggiormente soggetti
a guasti
nel tempo.
Ma mentre
sostituire singolarmente
questi componenti
costerebbe da
pochi centesimi a 5-6€ ciascuno,
l’assistenza dei
costruttori propone
solo la
sostituzione dell’intera
scheda inverter,
al prezzo
di circa
400€ e
più. Il
prezzo di
un piano
nuovo intero
che di
schede tali
ne contiene
2.
Per confronto
vediamo una
scheda inverter
Bosch/Siemens della
stessa generazione.
La somiglianza
progettuale è
notevole, sembra
quasi il risultato
di un
progetto comune.
Una delle
poche differenze
visibili ad
occhio è
la scelta
di usare
3 o 4 condensatori
messi insieme
per formane
uno maggiore,
anziché usarne
uno solo
più grosso,
ma a
livello del
funzionamento non
fa differenza.
La scelta
può avere
motivi di
montaggio.
Foto: Scheda inverter Bosch/Siemens
Foto: Scheda inverter Bosch/Siemens, lato inferiore (con le bobine collegate)
Sul lato inferiore della scheda è montata la parte “intelligente” dell’inverter. Non ho smontato la scheda del mio piano, ma la sostanza è la stessa. I vari chip si occupano di gestire la produzione del segnale che verrà poi utilizzato per le bobine. Il software caricato in questi chip gestisce la frequenza, intensità e in parte la forma d’onda del segnale che poi verrà trasformato in potenza dai transistor sul lato opposto, ed inviato alla bobina. La modulazione della potenza secondo i livelli di cottura è gestita qui. Raramente i guasti avvengono su questo lato della scheda, dove i componenti sono di più difficile sostituzione per un hobbysta, ma qualche volta succede.
Nel corso degli anni le schede vengono aggiornate secondo varie revisioni. Fra una revisione e l’altra vengono apportate piccole modifiche e miglioramenti. Per es. può venire cambiato il valore di un componente o essere apportata una piccola modifica al circuito.
Schede inverter di questo tipo sono attualmente (2015) montate come moduli per coppie di 2 zone di cottura circolari (sempre Bosch/Siemens e AEG/Electrolux). Piani che hanno una metà con zona flessibile composta da 4 sub-zone usano per quella metà del piano una scheda diversa. Le schede inverter per zone a ponte dovrebbero invece essere sostanzialmente simili, se non identiche, a queste.
Curiosità : Attualmente i costruttori di piani non producono le schede degli inverter in proprio, ma vengono assemblate da ditte terze. Gli inverter Bosch/Siemens sono prodotti dalla ditta Electronica Cerler spagnola, e quelli AEG/Electrolux dalla ditta E.G.O. tedesca, ma con siti produttivi sparsi nel mondo. Non so se solo l’assemblaggio delle schede sia affidato a queste ditte terze, o se anche l’intera progettazione (sulla base delle specifiche del cliente). Queste ditte progettano e producono schede elettroniche per gli elettrodomestici di molte marche in tutto il mondo.
– Le zone Flexy:
I piani dotati di una o più zone flessibili composte da 4 sub-zone, sono in realtà molto simili a quelli dotati di piastre tradizionali, nonostante il prezzo di vendita molto maggiore.
La parte che differisce maggiormente, sono solo le bobine, che anziché essere 2, diventano 4, più piccole e schiacciate.
La scheda inverter è, contrariamente alle aspettative, strutturalmente la stessa di una scheda per due zone tradizionali o a ponte. E’ dotata anch’essa di 4 transistor, per gestire un massimo di 2 zone cottura indipendenti.
Foto: scheda per zona flexy (Bosch PIP875N17E. Foto dell’ utente Bass79)
Attraverso una piccola scheda aggiuntiva, a destra sulla foto, su cui sono montati 4 relè da pochi € (le 4 scatolette arancioni), le 4 bobine vengono combinate fra loro a seconda di come richiesto. Numerando le bobine con 1,2,3,4 a partire da quella in alto, le combinazioni sono per esempio:
(1) e (2+3+4) quando la zona è divisa in una parte piccola ed una grossa da 3 “strisce”.
(1) e (3) quando si usano due piccoli pentolini indipendentemente fra loro.
(1+2) e (3+4) quando si usano 2 pentole medie, come se fossero su 2 zone tradizionali indipendenti.
(1+2) + (3+4) quando si usa tutta la zone unita, funziona in realtà come due piastre unite a ponte, solo che ciascuna bobina è costituita da 2 bobine più piccole messe in serie fra loro.
Ovviamente la scheda inverter contiene alcuni componenti aggiuntivi per inviare i comandi alla scheda dei relè e per gestire 2 sensori di temperatura in più, ma nel complesso, questo poco hardware aggiuntivo non giustifica neanche lontanamente una differenza di prezzo di 250-350€ fra un modello tradizionale e un modello flexy (fino a +600€ per alcuni modelli con doppia zona flexy estesa).
Le zone flexy “estese” introdotte di recente, conterranno semplicemente 5 bobine e 5 relè, anziché 4, ma la struttura rimane la stessa.
– Il pannello comandi:
Il pannello comandi non contiene elementi di particolare interesse, ma il suo chip principale contiene importanti funzioni software, come il power management e altri settaggi. Raramente è soggetto a guasti.
Sotto il vetro esistono però due tipi fondamentali di sensori a sfioramento: capacitivi, come in questo caso, e ottici. I tasti capacitivi sono di regola migliori di quelli ottici, perché non risentono della luce ambientale e sono meno sensibili a residui di sporco sul vetro.
In breve, i sensori capacitivi sono piastrine metalliche a cui viene applicato un debolissimo campo elettrico, che viene alterato dalla vicinanza di un corpo di massa consistente, meglio se conduttivo, come un dito.
Nei tasti con sensori ottici, ciascun sensore è invece composto da un led a infrarossi e da una fotocellula posta accanto che riceve più o meno della luce emessa dal led, a seconda che sopra entrambi ci sia posato qualcosa o no. Sono più semplici ed economici, ma hanno gli svantaggi detti prima. Di contro, sono però più adatti quando i tasti devono essere più piccoli e vicini fra loro. I sensori capacitivi richiedono di avere una certa superficie minima e una maggiore distanza fra i tasti.
Foto: Tasti capacitivi. Le molle servono per tenere premuta la piastrina metallica contro il vetro.
Cristiano Passeri2019-02-28 12:47:23
Com’è fatto un piano cottura a induzione
Guida realizzata dall’utente: Tyco
Data prima pubblicazione 05 Giugno 2015
Ultima
revisione: 23 Febbraio 2017
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5/2015: In questo
periodo ho
fatto un
po’ di
ricerche su
internet sui
guasti che
colpiscono i
piani a
induzione e
dopo 4
anni e
mezzo mi
sono deciso
a smontare
il mio
piano cottura,
per vedere
con che
tipo di
componenti è
fatto e
per vedere
in che
stato si
trova. Con
sorpresa non
ho trovato
tracce di
riscaldamento sulle
schede elettroniche,
nonostante il
calore che
si accumula
all’interno durante
cotture intensive
e prolungate.
Solo i
materiali isolanti
posti a
protezione delle
bobine mostrano
inevitabili segni
di riscaldamento.
Apparentemente l’interno
sembra ancora
nuovo.
Il modello
in questione
è un
AEG 68001
K-MN del
2009, ma
dove non
specificato, quanto
scritto qui
vale per
i modelli
attuali dei
2 maggiori
gruppi di
costruttori tedeschi
(AEG/Electrolux e
Bosch/Siemens/Neff), che
come costruzione
risultano sostanzialmente
quasi identici.
I principi
di funzionamento
relativi agli
inverter e
alle bobine
valgono invece
per tutti
i produttori
in generale.
Le piccole
piastre economiche
portatili che
si trovano
in commercio,
differiscono invece
in diversi
punti dai
piani cottura.
I modelli di piani
cottura AEG/Electrolux
e Bosch/Siemens/Neff
introdotti almeno
dal 2009 utilizzano
schede elettroniche
interne della
stessa generazione
di quelle
mostrate qui,
che risultano
più affidabili
della generazione precedente.
Foto:
Le bobine: – Tolta
la cornice
metallica ed
il pannello
di vetroceramica,
al livello
superiore si trovano ovviamente
le bobine
e il
pannello comandi.
Superiormente le
bobine sono
coperte da
un foglio
a base
di “mica”
un materiale
minerale resistente
alle alte
temperature. Il lato superiore del
foglio è ricoperto
da uno
strato riflettente
che ha
la funzione
di respingere
verso il
vetro il
più possibile
il calore
generato dal
fondo della
pentola.
Foto: Piano con vetro rimosso
Sotto questo
foglio riflettente
è presente
uno strato
di materiale
isolante morbido,
dello spessore
di circa
2-3 mm,
che ha
il compito
di isolare
ulteriormente e
limitare la
propagazione di
calore verso
la bobina
e l’interno
del piano
in generale.
Quando si
cucina ad
alta temperatura
con olio
o senza
grassi, il
vetro può
superare i
200°C.
Foto: Foglio superiore isolante rimosso
Foto: Materiale isolante rimosso
Tolto il materiale isolante termico, le bobine sono visibili. In questo modello le bobine sono incollate su un foglio a base di mica, sotto cui sono montate 4 sbarrette rettangolari di ferrite disposte a raggiera. Queste barrette hanno il compito di spingere verso l’alto la parte di campo magnetico che tenderebbe a propagarsi verso il basso, sotto la bobina. Questo serve anche a superare meglio la distanza effettiva che separa la bobina dalla pentola.
Le bobine delle zone da 18 e 21 cm sono fatte con 24 e 26 spire di filo di rame del diametro di circa 3 mm. La zona da 14,5 cm è fatta con 26 spire di filo di circa 2 mm di diametro.
Le bobine hanno un diametro effettivamente coincidente con il diametro nominale delle zone cottura, cosa che non avviene per es. nelle piastre portatili che ho visto.
Come si vede, la bobina della zona da 21 cm. contiene una spaziatura intermedia. Questo serve per favorire una migliore distribuzione del calore lungo la superficie, che altrimenti tenderebbe a concentrarsi troppo lungo il diametro medio della bobina. Questo accade in tutte le bobine in generale, ma nelle bobine più grosse l’effetto è più importante. Potrebbero anche esserci ragioni progettuali per questa soluzione (mantenere un numero simile di spire per tutte le bobine), ma non saprei.
Le bobine sono montate su vaschette di alluminio, che le tengono in posizione premute contro il vetro. Anche il parallelismo fra la superficie della bobina e il fondo della pentola è importante per la distribuzione uniforme del calore sul fondo della pentola.
Al
centro
delle
bobine
è
montato
un
sensore di temperatura (di solito una resistenza PTC o NTC) che viene
usato come
termometro
di
sicurezza,
per
spegnere
il
piano
se
una
pentola
vuota
dovesse
scaldarsi
troppo.
E’
comunque
una
protezione
estrema,
che
scatta
solo
in
caso
di
temperature
raggiunte
molto
alte,
altrimenti
potrebbe
intervenire
durante
cotture
ad
alta
temperatura.
Questo
sensore
viene
usato
su
alcuni
modelli
per
regolare
approssimativamente
la
temperatura
della
pentola,
soprattutto
nelle
piastre
portatili.
Foto:
le
bobine
di
una
zona
flexy
composta
4
sub-zone.
Più sotto nella pagina, vedere la parte relativa alla loro scheda
elettronica. (Bosch
PIP875N17E.
Foto
dal
nostro
utente
forum
Bass79)
– Le schede elettroniche:
I piani di generazione attuale sono composti da solo 3 schede. 2 schede contenenti gli inverter che alimentano le bobine ed il pannello comandi.
Ogni scheda inverter è completamente indipendente dall’altra ed è collegata direttamente alla morsettiera del piano. Non è più presente una scheda di alimentazione comune, com’era nei piani di generazione precedente.
Una scheda inverter è collegata al morsetto della fase L1 e l’altra è collegata alla fase L2. Per i piani cottura
non è comunque importante quali fasi vengano collegate ai morsetti.
Una scheda inverter gestisce i due fornelli della metà sinistra del piano e l’altra i due fornelli della metà di destra.
Il
pannello comandi
è collegato
ad una
sola delle
due schede
inverter, da
cui riceve
anche
l’alimentazione.
La scheda a cui è collegato il pannello comandi ha la funzione di
“master”, mentre l’altra
ha la funzione di “slave”. Un
cavo
“ponte”
fra
le
due
schede
inverter
porta
i
comandi
anche
all’altra
scheda.
Note:
generalmente
tutti
i
piani
a
induzione
con potenza massima di 7,2-7,4kW contengono due schede
inverter,
ognuna
delle
quali
gestisce
una
coppia
di
2
zone
cottura,
di
solito
suddivise
in
coppia di destra
e
sinistra
del
piano.
Ogni scheda inverter è impostata per non superare la
potenza
massima
di 3700W
(16A/230V).
Questo perché normalmente sono pensati per funzionare in impianti
trifase, dove 16A
è il limite consentito su ciascuna fase,
come solitamente è negli impianti
domestici
trifase
in
Europa
(o
almeno
in
Germania).
Per
questo
motivo
non
si può accendere
il
booster
contemporaneamente
su
entrambe
le
zone
di
una
stessa metà
del
piano,
e
non
è
consentito
impostare
il
livello
massimo
contemporaneamente su
una
zona
da
18cm
(da
1800W)
e
una
da
21cm
(da
2200W)
se
queste sono
sulla
stessa
metà
del
piano
(o
in ogni caso se sono
alimentate
dalla
stessa
scheda
inverter,
come
in
molti
piani
a
5
piastre).
Piani
a
induzione
con
una
potenza
totale
superiore
a
7,4KW,
come
quelli
con
6
zone
cottura
per
un
totale
di
10-11kW,
contengono
invece
3
schede
inverter
ed
utilizzano
tutte
le
3
fasi.
I
piani
cottura
elettrici
per
uso
domestico
solitamente
non
superano
questo
limite,
perché
altrimenti
richiederebbero
un
allacciamento
con
più
16Ax3x230V
=
3700W
x3
=
11KW
(per
tutte
le
zone
accese
alla
potenza
max.).
– Gli inverter:
Il
cuore
del
piano
a
induzione
sono
gli
inverter,
i
dispositivi
che
forniscono potenza
alle bobine.
E’
sulle
schede
degli
inverter
che
sono
montati
i
componenti
cruciali
e
più
interessanti,
ma
anche
i
più
soggetti
a
guasti.
L’inverter
trasforma la tensione
di
ingresso
di
230V
50Hz
e
la
trasforma
in
un’altra tensione
alternata, ma con
frequenza,
tensione
e
forma
diversi
dall’originale,
e
variabili
(frequenza
fino
a
40-70KHz,
a
seconda
dei
modelli).
Sul lato
superiore della
scheda sono
visibili i
componenti di
potenza, che
sono quelli
soggetti ad
alte tensioni
e correnti,
e quelli
di dimensioni
maggiori.
Foto: vista generale
Foto: scheda inverter di sinistra
I
componenti
cruciali sono
quelli fissati
sul grosso
dissipatore di
alluminio. Senza
scendere nei
dettagli, il
primo “rettangolo
nero” sulla
sinistra è
un ponte
rettificatore di
diodi, che
fornisce corrente
a tutti e
4 i
transistor
(IGBT) di
potenza, che
alimentano 2
bobine. I
transistor sono
gli altri
4 componenti
neri fissati
sul dissipatore.
Occorrono
2
transistor
per
formare
un’onda
intera,
così
ogni
coppia
di
2
transistor
alimenta
una
bobina.
Soprattutto nei
piani che
sono montati
in mobili con scarsa
circolazione d’aria, i
transistor di
potenza e
alcuni condensatori elettrolitici sono
maggiormente soggetti
a guasti
nel tempo.
Ma mentre
sostituire singolarmente
questi componenti
costerebbe da
pochi centesimi a 5-6€ ciascuno,
l’assistenza dei
costruttori propone
solo la
sostituzione dell’intera
scheda inverter,
al prezzo
di circa
400€ e
più. Il
prezzo di
un piano
nuovo intero
che di
schede tali
ne contiene
2.
Per confronto
vediamo una
scheda inverter
Bosch/Siemens della
stessa generazione.
La somiglianza
progettuale è
notevole, sembra
quasi il risultato
di un
progetto comune.
Una delle
poche differenze
visibili ad
occhio è
la scelta
di usare
3 o 4 condensatori
messi insieme
per formane
uno maggiore,
anziché usarne
uno solo
più grosso,
ma a
livello del
funzionamento non
fa differenza.
La scelta
può avere
motivi di
montaggio.
Foto: Scheda inverter Bosch/Siemens
Foto: Scheda inverter Bosch/Siemens, lato inferiore (con le bobine collegate)
Sul lato inferiore della scheda è montata la parte “intelligente” dell’inverter. Non ho smontato la scheda del mio piano, ma la sostanza è la stessa. I vari chip si occupano di gestire la produzione del segnale che verrà poi utilizzato per le bobine. Il software caricato in questi chip gestisce la frequenza, intensità e in parte la forma d’onda del segnale che poi verrà trasformato in potenza dai transistor sul lato opposto, ed inviato alla bobina. La modulazione della potenza secondo i livelli di cottura è gestita qui. Raramente i guasti avvengono su questo lato della scheda, dove i componenti sono di più difficile sostituzione per un hobbysta, ma qualche volta succede.
Nel corso degli anni le schede vengono aggiornate secondo varie revisioni. Fra una revisione e l’altra vengono apportate piccole modifiche e miglioramenti. Per es. può venire cambiato il valore di un componente o essere apportata una piccola modifica al circuito.
Schede inverter di questo tipo sono attualmente (2015) montate come moduli per coppie di 2 zone di cottura circolari (sempre Bosch/Siemens e AEG/Electrolux). Piani che hanno una metà con zona flessibile composta da 4 sub-zone usano per quella metà del piano una scheda diversa. Le schede inverter per zone a ponte dovrebbero invece essere sostanzialmente simili, se non identiche, a queste.
Curiosità : Attualmente i costruttori di piani non producono le schede degli inverter in proprio, ma vengono assemblate da ditte terze. Gli inverter Bosch/Siemens sono prodotti dalla ditta Electronica Cerler spagnola, e quelli AEG/Electrolux dalla ditta E.G.O. tedesca, ma con siti produttivi sparsi nel mondo. Non so se solo l’assemblaggio delle schede sia affidato a queste ditte terze, o se anche l’intera progettazione (sulla base delle specifiche del cliente). Queste ditte progettano e producono schede elettroniche per gli elettrodomestici di molte marche in tutto il mondo.
– Le zone Flexy:
I piani dotati di una o più zone flessibili composte da 4 sub-zone, sono in realtà molto simili a quelli dotati di piastre tradizionali, nonostante il prezzo di vendita molto maggiore.
La parte che differisce maggiormente, sono solo le bobine, che anziché essere 2, diventano 4, più piccole e schiacciate.
La scheda inverter è, contrariamente alle aspettative, strutturalmente la stessa di una scheda per due zone tradizionali o a ponte. E’ dotata anch’essa di 4 transistor, per gestire un massimo di 2 zone cottura indipendenti.
Foto: scheda per zona flexy (Bosch PIP875N17E. Foto dell’ utente Bass79)
Attraverso una piccola scheda aggiuntiva, a destra sulla foto, su cui sono montati 4 relè da pochi € (le 4 scatolette arancioni), le 4 bobine vengono combinate fra loro a seconda di come richiesto. Numerando le bobine con 1,2,3,4 a partire da quella in alto, le combinazioni sono per esempio:
(1) e (2+3+4) quando la zona è divisa in una parte piccola ed una grossa da 3 “strisce”.
(1) e (3) quando si usano due piccoli pentolini indipendentemente fra loro.
(1+2) e (3+4) quando si usano 2 pentole medie, come se fossero su 2 zone tradizionali indipendenti.
(1+2) + (3+4) quando si usa tutta la zone unita, funziona in realtà come due piastre unite a ponte, solo che ciascuna bobina è costituita da 2 bobine più piccole messe in serie fra loro.
Ovviamente la scheda inverter contiene alcuni componenti aggiuntivi per inviare i comandi alla scheda dei relè e per gestire 2 sensori di temperatura in più, ma nel complesso, questo poco hardware aggiuntivo non giustifica neanche lontanamente una differenza di prezzo di 250-350€ fra un modello tradizionale e un modello flexy (fino a +600€ per alcuni modelli con doppia zona flexy estesa).
Le zone flexy “estese” introdotte di recente, conterranno semplicemente 5 bobine e 5 relè, anziché 4, ma la struttura rimane la stessa.
– Il pannello comandi:
Il pannello comandi non contiene elementi di particolare interesse, ma il suo chip principale contiene importanti funzioni software, come il power management e altri settaggi. Raramente è soggetto a guasti.
Sotto il vetro esistono però due tipi fondamentali di sensori a sfioramento: capacitivi, come in questo caso, e ottici. I tasti capacitivi sono di regola migliori di quelli ottici, perché non risentono della luce ambientale e sono meno sensibili a residui di sporco sul vetro.
In breve, i sensori capacitivi sono piastrine metalliche a cui viene applicato un debolissimo campo elettrico, che viene alterato dalla vicinanza di un corpo di massa consistente, meglio se conduttivo, come un dito.
Nei tasti con sensori ottici, ciascun sensore è invece composto da un led a infrarossi e da una fotocellula posta accanto che riceve più o meno della luce emessa dal led, a seconda che sopra entrambi ci sia posato qualcosa o no. Sono più semplici ed economici, ma hanno gli svantaggi detti prima. Di contro, sono però più adatti quando i tasti devono essere più piccoli e vicini fra loro. I sensori capacitivi richiedono di avere una certa superficie minima e una maggiore distanza fra i tasti.
Foto: Tasti capacitivi. Le molle servono per tenere premuta la piastrina metallica contro il vetro.
Cristiano Passeri2019-02-28 12:47:23
Cita da Marco su 5 Giugno 2015, 13:04 Bellissimo 😀
Adesso ci vorrebbe un volontario che metta a disposizione un piano Bosch a cui fare “l’autopsia”.
Bellissimo 😀
Adesso ci vorrebbe un volontario che metta a disposizione un piano Bosch a cui fare “l’autopsia”.
Cita da Luca72 su 5 Giugno 2015, 19:30 WoW! Onore al merito!
Davvero complimenti, sia per il coraggio nello smontare il PCI sia per l’eccellente descrizione della componentistica e del funzionamento del prodotto!
La tua guida è degna del programma televisivo “How is Made” ovvero “Com’è Fatto” !
Di nuovo complimenti, un lavoro notevole e a dir poco certosino…
Direi che l’amministratore ha fatto non bene, ma benissimo a creare in home page una pagina dedicata al forum e nel segnalare la tua guida.
Luca
WoW! Onore al merito!
Davvero complimenti, sia per il coraggio nello smontare il PCI sia per l’eccellente descrizione della componentistica e del funzionamento del prodotto!
La tua guida è degna del programma televisivo “How is Made” ovvero “Com’è Fatto” !
Di nuovo complimenti, un lavoro notevole e a dir poco certosino…
Direi che l’amministratore ha fatto non bene, ma benissimo a creare in home page una pagina dedicata al forum e nel segnalare la tua guida.
Luca
Cita da Tyco su 5 Giugno 2015, 22:19 Grazie a tutti per i complimenti e anche a Cristiano Passeri per averla messa nella home page! Ho cercato di non essere troppo tecnico, anche se in un piano a induzione per chi si interessa di elettronica, di roba di cui parlare ce n’è un bel po’! Si tratta di un’applicazione interessante della tecnologia a inverter di potenza per produrre calore in modo efficiente in cucina, anziché per comandare un motore elettrico, com’è di uso tipico per gli inverter di potenza. Sarei un perito elettronico, ma oggi di fatto sono più un hobbista e mi piace sempre aprire quello che compro, per sapere com’è fatto e cosa c’è dentro… Nel caso del piano mi ero promesso di fargli l’autopsia appena sarebbero scaduti i 2 anni della garanzia, ma al primo pigro tentativo sembrava che il piano non volesse venire via facilmente dal ripiano, allora ho rimandato tutto. Pochi giorni fa mi sono messo a guardare meglio e ho visto che in realtà c’erano solo le mollette laterali che si erano un po’ attaccate a del silicone che era stato spalmato come sigillante su tutto il bordo del truciolato tagliato del ripiano. Silicone che era messo dai montatori quando hanno montato il piano insieme al montaggio della cucina. Ho infilato e sfilato una spatola fra le mollette e il piano dopo si è staccato benissimo. Se ci sono parti non chiare fatemi sapere, o se ci sono domande su qualcosa da aggiungere.
Grazie a tutti per i complimenti e anche a Cristiano Passeri per averla messa nella home page! Ho cercato di non essere troppo tecnico, anche se in un piano a induzione per chi si interessa di elettronica, di roba di cui parlare ce n’è un bel po’! Si tratta di un’applicazione interessante della tecnologia a inverter di potenza per produrre calore in modo efficiente in cucina, anziché per comandare un motore elettrico, com’è di uso tipico per gli inverter di potenza. Sarei un perito elettronico, ma oggi di fatto sono più un hobbista e mi piace sempre aprire quello che compro, per sapere com’è fatto e cosa c’è dentro… Nel caso del piano mi ero promesso di fargli l’autopsia appena sarebbero scaduti i 2 anni della garanzia, ma al primo pigro tentativo sembrava che il piano non volesse venire via facilmente dal ripiano, allora ho rimandato tutto. Pochi giorni fa mi sono messo a guardare meglio e ho visto che in realtà c’erano solo le mollette laterali che si erano un po’ attaccate a del silicone che era stato spalmato come sigillante su tutto il bordo del truciolato tagliato del ripiano. Silicone che era messo dai montatori quando hanno montato il piano insieme al montaggio della cucina. Ho infilato e sfilato una spatola fra le mollette e il piano dopo si è staccato benissimo. Se ci sono parti non chiare fatemi sapere, o se ci sono domande su qualcosa da aggiungere.
Cita da Marco su 6 Giugno 2015, 18:43 Rinnovo i complimenti, l’articolo mi è piaciuto moltissimo. Sarebbe molto interessante, avendone la possibilità , sottoporre allo stesso “trattamento” anche altri piani, esempio quelli di fascia di prezzo molto bassa per vedere le differenze.
Rinnovo i complimenti, l’articolo mi è piaciuto moltissimo. Sarebbe molto interessante, avendone la possibilità , sottoporre allo stesso “trattamento” anche altri piani, esempio quelli di fascia di prezzo molto bassa per vedere le differenze.
Cita da kyou9971 su 8 Gennaio 2018, 23:14 complimenti all’autore, veramente un’ottima guida per capire come e’ fatto un piano cottura ad induzione. kyou9971
complimenti all’autore, veramente un’ottima guida per capire come e’ fatto un piano cottura ad induzione. kyou9971
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